Il rasoio di Occam

Il 9 maggio 1978 svela il cadavere di Aldo Moro in via caetani, nella Renault 4 rossa che diventò il simbolo degli anni di piombo. Una morte eccellente a catalizzare l’attenzione di un’Italia intera.

Ed è grazie alla radio che la cronaca nazionale irrompe in un tipico salone da barba del Sud, ove la grande storia per qualche ora si mescola a quella infinitamente piccola di tre uomini alle prese con una quotidianità all’apparenza tranquilla e acque interiori sempre sul punto di travolgerli. Tra le note delle ultime hit del momento, contraltare alle disarmonie dell’esistenza, inconsapevolmente ci si dimena tra ciò che sembra e ciò che realmente è. A quanto pare braccati, eppure liberi per la prima volta di essere. Ognuno ha un passato da dimenticare e un futuro in parte da scrivere. Tutti parimenti distanti da quel mare che è a un passo, inafferrabile fantasma della vita e limes innanzi al quale arrendersi.

L’isolamento che per taluni vuol dire salvezza per altri è una trappola. E lì mette radici e prospera la frustrazione. Lì sfumano I confine della grande storia e rimane l’uomo, un mondo in miniatura. Unico ponte possibile tra gli individui la parola, atto politico per eccellenza, arredo dei luoghi disabitati dell’anima.

Tutto quanto, in una mattina qualunque, direttamente o trasversalmente investe i tre uomini necessità allora una spiegazione. La teoria del rasoio di Occam propenderebbe per quella più semplice.

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